Demon's Crest
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L'uscita del Famicom ha indubbiamente costituito un evento. Solitamente si guarda al Famicom come alla "versione giapponese del NES" e si celebra la prima console Nintendo per aver salvato i videogiochi in Occidente. E' questa tuttavia una prospettiva sbagliata: anzitutto è il NES ad essere "la versione occidentale del Famicom" e, in secondo luogo, il NES è uscito in America nel 1985, due anni dopo il Famicon in Giappone. Due anni che, secondo questa distorta prospettiva, sembrano quasi non esistere: il Famicom/NES inizierebbe a vivere con Super Mario Bros., eppure Miyamoto realizzò quel gioco come "canto del cigno" della console, in vista dell'arrivo dell'espensione Disk System! E' evidente che è necessario, per storicizzare corettamente gli anni '80 videoludici, cambiare prospettiva, calendoci nel contesto culturale giapponese in cui il Famicom è nato.
Non è tuttavia sbagliato considerare il Famicom/NES un evento. Non, attenzione, per aver salvato i videogiochi in America, ma per aver reso di massa i videogiochi in Giappone. Il Family Computer System, lo palesa il nome, è un sistema rivolto "a tutta la famiglia": alla mamma, al papà, alla sorellina, forse pure alla nonna. Il Famicom prende le distanze dal mondo arcade rivolto ai giocatori duri & puri (e dominato, guarda un po', da SEGA) con un approccio più "soft" ai videogiochi. I vari Tennis, Baseball, Pinball che vediamo regolarmente sulle Virtual Console di Wii, 3DS e Wii U (e che oggi, francamente, non hanno niente da dire) rientrano in questo contesto: offrire i videogiochi alla famiglia. Parafrasando il buon vecchio Cicerone, il Famicom per primo fece scendere i videogiochi dal cielo, li trasportò in tutte le città, li introdusse anche nelle case e li costrinse a rivolgersi alle esigenze dell'intera famiglia.
Il Famicon è, in sostanza, in guerra con gli Arcade. Nella recensione di Majora's Mask già avevamo parlato di questo aspetto: con Mario e Zelda si entra definitivamente nella Post Arcade Era (parafrasando stavolta Steve Jobs, che definisce l'era attuale "Post PC Era"), con videogiochi sì complessi (e non rivolti alla mamma, come potevano essere Tennis, ma anche Ice Climbers o Ballon Fight) ma con una mentalità lontana da quella arcade. La morte degli Arcade (e della mentalità arcade) è tuttavia un processo molto lungo che si realizza pienamente con la generazione Saturn-PSX-N64: SEGA muore, creando una console ancora arcade-centrica con titoli figli della mentalità arcade (si veda NiGHTS), mentre la concorrenza offre esperienza cinematografiche (Final Fantasy VII) o grandi mondi da esplorare (Mario 64) che ben poco hanno a che spartire con i cabinati, con la caccia al record, con un alto tasso di difficoltà.
E' curioso come franchise nati nella tarda Arcade Era, o nella Post Arcade Era, si adattino alla Console Era (che inizia quindi, propriamente, con PSX e N64). Alcuni, semplicemente, scompaiono: Ghosts 'n Goblins 64 non esiste. Altri mutano progressivamente: con Ocarina e sopratutto Majora, e noi lo sappiamo bene, Zelda rinuncia alle componenti action di matrice arcade, così come all'elevato tasso di difficoltà, in favore di un approccio adventure. Del resto le rendini della saga sono in mano ad una generazione, quella di Aonuma e Koizumi, che gli arcade, a differenza di Miyamoto e Tezuka, non li ha davvero vissuti. Anche Castlevania muta: il producer Koji Igarashi, in arte IGA, decide di prendere esempio dalle componenti adventure dell'episodio per Super Famicon di Zelda (quelle stesse, guarda caso, più amate da Aonuma) per rivoluzionare la saga. IGA sa bene che negli anni '90 i videogiocatori non vogliono più una manciata di livelli da giocare e rigiocare per un fantomatico nuovo record (che è esattamente l'approccio anacronistico offerto da NiGHTS): i videogiochi vogliono esperienze coinvolgenti, grandi mondi da esplorare, una storia accattivante. Vogliono un gioco che duri la prima volta decine di ore, non tre. Il CastelDemoniaco di Dracula muta così profondamente, divenendo una sorta di incrocio fra un RPG e Metroid: con il capolavoro costituito da Gekka no Yasokyoku (Notturno al Chiar di Luna), edito in Occidente con l'altrettanto evocativo titolo di Symphony of the Night, inizia una nuova fase per la saga degli ammazza-vampiri, lontanissima dal gameplay action degli episodi per Famicom, Super Famicom o PC-Engine.
Quel gameplay action, condiviso (e rinnegato su N64) anche da Zelda, è figlio dell'Arcade Era. Pur essendo nati su Famicom, AkuDora (questa l'abbreviazione del titolo giapponese di Castlevania, Akumajou Dorakura) e Zelda non sono ancora distaccati dalla mentalità arcade: come detto il tasso di difficoltà è alto, sono richieste discrete abilità, la longevità è relativamente ridotta. Un discorso simile vale per altri franchise nati nella stessa epoca (vedasi la presenza nel punteggio e del tempo in Mario). Per questo parliamo di Post Arcade Era: il Famicom non è più nell'Arcade Era (che anzi combatte), ma ancora ne è influenzato.
Il Sufami (contrazione del nome giappone del SNES: SUper FAMIcom. Si noti che ormai Famicom, a sua volta forma contratta di FAMIly COMputer, sia diventata una parola con completa autonomia e dignità: è un discreto indice del peso culturale avuto dalla prima console Nintendo) rappresenta la fase terminale della Post Arcade Era, tanto che potremmo definirla "Pre Console Era": svariati elementi della Console Era debuttano qui. Il sistema di salvataggio a password muore ormai definitivamente, ad esempio, e Square con i suoi RPG inizia a presentare forme narrative piuttosto complesse.
In questo contesto particolare si inserisce Demonzu Bureizon Makaimura Monsho-hen, alias, in Occidente, Demon's Crest. Demon's Crest è il terzo capitolo della saga Gargoyle's Quest, spin-off di Ghosts 'n Goblins avente per protagonista il nemico-simbolo della serie, un Red Arramer di nuovo Firebrand (un po' come se domani Nintendo rilasciasse The Hammer Bros. Adventures, con protagonista un Martelkoopa di nome Guglielmo). Demon's Crest è, per molti aspetti, un gioco tipico della Console Era e, per altri, dell'Arcade Era. E' una via di mezzo, non a caso uscito nel 1994: 3 anni dopo l'uscita del Sufami, lo stesso anno della PSX, 3 anni prima che nel CastelDemoniaco al chiar di luna si suonasse un Notturno.
Questa "tensione" creativa-generazionale è evidente già dai livelli. Come il tipico gioco anni '80, Demon's Crest ha livelli organizzati "tematicamente": il castello, le catacombe, la zona innevata, la zona acquatica... Tuttavia non è presente una progressione lineare: al termine di ciascun livello si torna nella mappa, attraverso la quale è possibile scegliere la prossima destinazione. E' possibilissimo decidere di visitare una zone che, teoricamente, sarebbe da visitare più avanti, e morire nella vana lotta contro il boss di turno. Sì, è esattamente lo stesso sistema di ALTTP, Super Metroid e Symphony: DC tenta così di creare un mondo coeso, dove (teoricamente) la parola "livello" perde significato. Si dovrebbe parlare di zone del mondo del gioco. A DC però manca il mondo di gioco effettivamente giocabile: la mappa del mondo (realizzata in un gratuito e glorioso Mode 7) ne è un surrogato. In Super Metroid da Brinstar si accede a Norfair, in Demon's Crest dalla città disabitata si accede alla mappa e dalla mappa si accede al castello. Se, insomma, Super Metroid è davvero un gioco della Console Era, Demon's Crest non riesce totalmente a compiere il passo in avanti.
Comunque è notevole come, con questi blandi elementi metroidiani (ma sarebbe più corretto definirli "avventurosi": in effetti IGA, creando Symphony of the Night, ha utilizzato Zelda come riferimento e non Super Metroid: la libertà offerta dai primi episodi di Zelda, trasportata in un gioco a scorrimento orizzontale, si "declina" inevitabilmente in Metroid), sia cambiato notevolmente il rapporto fra giocatore e livello. Se in un gioco della Arcade Era il giocatore ripeteva allo sfinimento lo stesso livello per migliorare il proprio punteggio (e quindi v'era una spinta di natura paraludica, non essendo il gioco in sé a richiedere ciò, ma la volontà del videogiocatore), in un gioco della Console Era è il gioco stesso a chiedere al giocatore di rigiocare il livello alla ricerca di quel passaggio segreto o di quell'oggetto nascosto: il gioco non finisce effettivamente finché non lo si è spolpato fino in fondo. In Demon's Crest non si può proprio "migliore il proprio punteggio": primo perché il fantomatico punteggio non esiste, secondo perché alcune modifiche apportate al mondo del gioco rimangono. Scendendo nel particolare: ogni boss, una volta sconfitto, rimane sconfitto. Può sembrare un dettaglio irrilevante, ma non lo è: non ci troviamo davanti ad un gioco "statico" (sempre lo stesso set di livelli da rigiocare), ma ad uno "dinamico", che spinge attivamente ad andare "oltre" quanto già si conosce (rivisitiamo sì il livello, ma per trovare strade secondarie). Due le conseguenze: in primis il mondo del gioco risulta relativamente "vivo". Spariscono poi i famosi "baratri senza fondo", privi di senso in un gioco che spinge ad esplorare, con un notevole abbassamento della difficoltà. Tutti questi elementi non sono presenti in Super Ghouls 'n Ghosts, gioco praticamente della stessa serie rilasciato tre anni prima sempre su Super Famicom (e inevitabilmente ancorato alla Arcade Era).
Il gioco inoltre si controlla davvero bene. Spariscono tutti quei movimenti legnosi tipici, ad esempio, dei vecchi episodi di Castlevania (dove era necessario premere "sù" per salire le scale piuttosto che saltarci sopra, per intenderci): Firebrand salta, vola, si arrampica, sputa fuoco, nuota e distrugge muri in modo semplice ed intuitivo. La maggior parte di queste caratteristiche è legata alle trasformazioni che Firebrand può usare, ovviamente (come si sarà capito dai continui paragoni con Super Metroid) nascoste qua e là nei livelli. Per nuotare è, ad esempio, necessaria la pietra che trasformi Firebrand in gargoyle acquatico, per volare quella che trasformi Firebrand in gargoyle volante. Il level design, giustamente, mette la "pulce nell'orecchio" nel giocatore, facendogli intuire che in qualche modo sarà possibile nuotare o distruggere muri, presentando muri da distruggere e zone acquatiche prima che venga trovata la relativa pietra. Già il primo livello, insomma, dice apertamente al giocatore che dovrà rivisitare zone apparentemente completate.
Demon's Crest è effettivamente abilissimo a comunicare con il giocatore. Alcuni oggetti sullo sfondo possono essere distrutti: per segnalare questo il gioco non utilizza verbosi tutorial, ma, semplicemente, fa distruggere in automatico a Firebrand una statua quando il giocatore la porta davanti ad essa. E' un segnale. "Guarda, le statue sullo sfondo possono essere distrutte. Puoi farlo anche tu, prova a premere qualche tasto.", dice il gioco. Firebrand si può anche arrampicare: come comunicarlo? Semplice: posizionando un muro di fronte al videogiocatore. Lui tenterà di saltarlo, ma è troppo alto: Firebrand ci sbatterà contro e si aggrapperà ad esso. Anche a livello atmosferico Demon's Crest è un capolavoro: la grafica riesce a suggerire un mondo gotico e decadente, evocato anche dalla splendida colonna sonora che imita le tonalità di strumenti quali il violino o l'organo. Demon's Crest inizia poi in medias res: subito Firebrand si trova faccia a faccia con un boss! Non sappiamo le motivazioni di questo demone, né perché lo controlliamo: ma il gioco subito ci porta ad identificarci con lui, mettendoci in una situazione di estremo pericolo e disagio (è lo stesso trucchetto utilizzato da Super Metroid e Metroid Prime con il countdown iniziale).
Demon's Crest non può tuttavia definirsi "della Console Era", sia per quanto già detto sulla mappa, sia per una serie di piccole indecisioni. Anzitutto è utilizzato per salvare uno scomodissimo sistema a password, anacronistico già nel 1994 e francamente assurdo per un gioco del genere. In secondo luogo se Firebrand è davvero comodo da controllare, il sistema delle trasformazioni è piuttosto macchinoso: è necessario sempre accedere al menù, selezionare la trasformazione, uscire dal menù. E' lo stesso sistema utilizzato dai Megaman, per intenderci, ma Megaman era un platform lineare, Demon's Crest è un metroidvania dove può essere necessario prima dover nuotare, poi subito dopo dover volare. Gli sviluppatori, evidentemente ad una delle loro prima prove col genere (come detto più volte lontanissimo dai canoni arcade), non hanno proprio pensato che avrebbero potuto semplificare il tutto con L, R e Select (non usati dal gioco). Infine il gioco dura poco: in 4-5 ore è completabile al 100% (anche se il boss finale da solo potrebbe farvi dannare 70 ore). E' una esperienza bellissima, ma ancora troppo poco longeva se comparata alle decine di ore che richieste dal gioco tipico per PSX (ma paradossalmente piuttosto attuale e godibile nel 2015, quando la longevità media si è nuovamente ridotta). Ciò non toglie che Demon's Crest sia comunque uno dei migliori giochi del Super Famicom, un grande classico sfortunatamente misconosciuto da recuperare (è presente sulla Virtual Console del Wii U), nonché uno dei videogiochi simbolo della seconda metà degli anni '90, quando la mentalità arcade ha ceduto il posto ad una nuova, tipicamente "consolara". E' un videogioco che consigliamo sopratutto ai fan di Majora's Mask, per l'atmosfera decadente e per l'uso delle trasformazioni, e Castlevania: come si sarà capito, è l'ideale episodio-ponte fra la serie classica e quella moderna.
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