Super Mario Bros.: 40 anni di salti, segreti e rivoluzione
Nel 40° anniversario di Super Mario Bros. per NES, rivivi la storia di un capolavoro. Scopri come Shigeru Miyamoto, Takashi Tezuka e il team

Che ne dite di un salto indietro nel tempo, amici? Tiriamo fuori il nostro vecchio NES dalla soffitta e facciamo partire una cartuccia un po’ speciale. No, non sto parlando di Duck Hunt (anche se l’accoppiata con la pistola Zapper fa sempre il suo effetto), ma del gioco che ha cambiato per sempre le regole del gioco. Signori e signore, stiamo parlando di Super Mario Bros.. Esatto, proprio lui, il capolavoro che il 13 settembre 1985 ha fatto il suo ingresso trionfale nelle case giapponesi, e che oggi, quarant’anni dopo, è ancora fresco come il primo giorno.
Genesi di un'icona: Quando le idee si scontrano
Per capire l'importanza di Super Mario Bros., dobbiamo fare una capatina nell’ufficio di Shigeru Miyamoto, un giovane game designer che aveva già fatto scintille con Donkey Kong. All'epoca, l'industria dei videogiochi era in ginocchio dopo il famigerato "crash" del 1983. C'era un bisogno disperato di qualcosa di nuovo, di qualcosa che facesse tornare la gente a sognare. E Miyamoto, con il suo team, aveva in mente un’idea un po’ folle: un platform a scorrimento orizzontale.
Sembra banale oggi, ma all’epoca era una rivoluzione. La maggior parte dei giochi, come Pac-Man o lo stesso Donkey Kong, si svolgevano su schermate fisse. L’idea di un mondo che si muove con il protagonista era tecnicamente complessa e richiedeva una visione geniale. Miyamoto non era solo. Al suo fianco c’era Takashi Tezuka, il co-direttore, una vera spalla per il maestro. È un po' come un giovane George Lucas con il suo Gary Kurtz, se capite il paragone. Insieme, i due si misero a disegnare e ridisegnare i livelli su carta millimetrata, immaginando un mondo pieno di segreti, di tubi verdi, di funghi misteriosi e di tartarughe dispettose.
E il nome? Beh, il nome del nostro eroe non era ancora Mario. Inizialmente era solo "Jumpman" in Donkey Kong, un carpentiere baffuto che doveva salvare una donzella. Ma Nintendo of America, per un omaggio simpatico al loro affittuario, un italo-americano di nome Mario Segale, decise di battezzarlo Mario. Un nome semplice, che suonava bene e che, a quanto pare, aveva anche un tocco di fortuna.
La tecnologia al servizio del gioco
Dietro ogni capolavoro, c’è sempre un po' di magia e un po' di duro lavoro tecnico. E in Super Mario Bros., il lavoro tecnico è stato monumentale. La console NES (Famicom in Giappone) era una macchina potente per l'epoca, ma non era un computer. Era una console, con dei limiti ben precisi. La sfida era far scorrere il mondo in modo fluido, senza scatti e senza rallentamenti. Qui entra in gioco Satoru Iwata, anche se non era ancora in Nintendo. Era un programmatore geniale alla HAL Laboratory, e anni dopo avrebbe svelato in un'intervista come alcuni dei trucchi di programmazione usati in Super Mario Bros. fossero veri e propri colpi di genio per l'epoca, come l'uso sapiente delle sprite per i blocchi, che permetteva di risparmiare memoria e rendere il gioco più veloce. Non si può parlare del gioco senza menzionare anche la colonna sonora di Koji Kondo, un compositore che ha creato una melodia talmente iconica che oggi la canticchia anche chi non ha mai tenuto in mano un joypad. La musica del mondo 1-1 non è solo un sottofondo, è un simbolo, un inno alla gioia del gioco.
L'impatto di un idraulico con i baffi
Ma l'impatto di Super Mario Bros. va ben oltre il suo aspetto tecnico. Quando uscì, fu un uragano. In un’industria dominata da giochi che finivano in pochi minuti, Super Mario Bros. offriva 8 mondi, ognuno con 4 livelli, per un totale di 32 schemi da esplorare. C'erano segreti ovunque: i warp pipe per saltare i livelli, i blocchi invisibili, i funghi 1UP nascosti. Era un gioco che premiava la curiosità, l'esplorazione e la pazienza.
Questo era un concetto nuovo e rivoluzionario. Non era solo un gioco da finire, era un mondo da scoprire. E il protagonista? Un idraulico baffuto con una salopette rossa e un cappellino che non si toglie mai. Un personaggio semplice, senza superpoteri ereditari o un'armatura scintillante. Era uno di noi. O meglio, uno di loro, un operaio italo-americano catapultato in un mondo di fantasia. E questo ha fatto la differenza. La gente si è innamorata di lui, della sua semplicità, della sua missione di salvare la Principessa Peach (che all'epoca era solo "Toadstool").
Super Mario Bros. non ha solo salvato l'industria dei videogiochi, l'ha ridefinita. Ha stabilito le regole del platforming, un genere che ancora oggi è tra i più popolari. Ha introdotto la barra della vita (o meglio, le dimensioni del personaggio), i power-up, i boss di fine livello. Ha creato un vocabolario videoludico che usiamo ancora oggi. E non solo: ha trasformato Nintendo in un gigante, una multinazionale del divertimento che ha saputo resistere alle tempeste del tempo.
Oggi, 40 anni dopo, Mario è più vivo che mai. È un personaggio dei film, delle serie animate, del merchandising. È un'icona pop al pari di Topolino o Spider-Man. Ma tutto, davvero tutto, è iniziato con quella cartuccia grigia inserita in un NES. Un gioco che ci ha insegnato che i salti sono un’arte, che i tubi possono nascondere mondi segreti e che un idraulico baffuto può salvare un regno. E pensare che è tutto partito da una semplice idea di Miyamoto: "Voglio che il giocatore salti, e che il mondo scorra insieme a lui."
Allora, la prossima volta che vi capiterà di vedere un fungo rosso e bianco, sapete cosa fare, vero?
Commenti
Al momento non ci sono commenti
Aggiungi un commento →