Super Mario Bros. The Movie
Eccomi qua, ad inaugurare una nuova zona dell'Enciclopedia fortemente voluta proprio dal sottoscritto.…
Eccomi qua, ad inaugurare una nuova zona dell'Enciclopedia fortemente voluta proprio dal sottoscritto. Questo spazio sarà dedicato a tutte quelle produzioni che, pur non essendo “videoludiche” in senso stretto, hanno a che fare col mondo dei videogiochi: film, fumetti, libri, ecc., tutti focalizzati su temi e personaggi conosciuti attraverso le amate consoles.
Detto questo, passiamo a giustificare quella che può sembrare una scelta bizzarra o inconcepibile: ovvero, che l’inaugurazione della sezione sia affidata all’analisi di Super Mario Bros. The Movie. Ma come, direte voi, non si poteva davvero scegliere altro? Chessò, il cartone di Zelda, i fumetti dedicati a Kirby, il film “The Wizard” o meglio uno dei libri della collana “Ludologica”?
Certo che si poteva scegliere altro, dico io, ma come chiarisce anche il proverbio “via il dente, via il dolore” oppure “prima il dovere e poi il piacere” o anche “tanto va Sensei al lardo...” ehm, basta così.
Dicevo: togliamoci subito questo pensiero e ragioniamo subito di “SMB The Movie”, ovvero “un film un perché”. Partiamo dalla trama. Avete presente quella del videogioco? Benissimo. Per chi fosse a digiuno, comunque, un velocissimo ripassino: 1) Bowser rapisce la Principessa Peach, nel regno dei funghi 2) Mario si attiva per salvarla. Per fare ciò deve superare a suon di salti e zuccate diversi mondi. 3) Mario riesce nell’impresa e si becca un bacino dalla Principessa (ricordiamoci che il gioco, prima di essere pubblicato, riceve l’imprimatur dal Vaticano, quindi niente zozzerie finali).
Presa una trama simile, il quesito che ne consegue è indubbiamente amletico: come trarre da cotanta miseria del materiale narrativo bastante per una pellicola? Molto semplice, rispondono i due registi Morton e Jankel (è in forse la presenza di un terzo regista, il grande Joffe, autore di capolavori quali “Mission” e “Urla nel silenzio”, dedicati rispettivamente ai massacri coloniali in Sud America e a quelli di Pol Pot in Cambogia): basta infarcire quanto descritto in precedenza con una vagonata di clamorose sciocchezze (sul Nintendoclub niente parolacce) fantascientifiche. Ad esempio: i dinosauri non si sono estinti, ma si sono spostati in una dimensione alternativa creata dalla caduta dei meteoriti sulla Terra milioni di anni fa. O ancora: questi dinosauri si sono evoluti in maniera antropomorfa e vivono in una città a metà tra quella vista in “Brazil” di Terry Gilliam e “Blade Runner” di Ridley Scott, ma indubbiamente più brutta.
Snaturata di sana pianta la trama del videogioco, vi si inseriscono all’interno i disgraziati protagonisti, “arricchiti” con delle caratteristiche fantasmagoriche, causate ancora una volta dal contesto fantascientifico-abominevole nel quale è stato ambientato il film. Per esempio, Mario e Luigi (quest’ultimo senza baffi, senza alcun motivo) compiono i loro prodigiosi salti grazie a degli orribili, quanto pesanti, artificiosi ed incontrollabili scarponi di metallo; oppure i protagonisti ed i loro nemici fanno uso di armi “umane troppo umane” quali fucili, lanciafiamme o roba simile. E ancora: i Goomba sono degli armadi alti due metri in divisa militare stile Germania Est, Bowser è un umano dalla pettinatura inguardabile e via dicendo.
Oltre alla componente narrativa, come già accennato di striscio, risulta completamente “rimessa” (nel senso di “rivomitata”) anche la parte legata all’estetica di Super Mario. Abbiamo già accennato allo stravolgimento d’immagine dei personaggi e di alcuni luoghi, ma è in generale l’opera di contestualizzazione a prendere letteralmente a mazzate il mondo di Mario: si passa infatti da scenari cartoonosamente fantastici quali quelli del videogioco, ricchi di funghi, castelli più o meno grandi, pianure, case stregate, mondi acquatici, ecc. a un universo buio e metallico, in cui risplendono solo i neon e nel quale una qualsiasi traccia di graziosità pare essere stata sterminata.
A questo punto di descrizione, credo che la misura sia già colma per capire di che pasta sia fatto il film. La pellicola non ha praticamente niente a che vedere con un gioco che, al di là del successo commerciale, a tutto poteva adattarsi tranne che ad una simile conversione. Anche un bambino lo avrebbe capito: come si fa a tirar fuori un film fantascientifico da SMB? Sarebbe come ipotizzare un thriller basato su un fumetto della Pimpa, o una commedia con Boldi e De Sica sulla Strage di Piazza Fontana.
Ma non basta, oltre a disfare un classico del videogioco, questo film ha anche avuto il merito di infangare diverse carriere. Abbiamo già nominato il regista Joffe, associato al film secondo varie leggende metropolitane. Ma che dire di Dennis Hopper, lo storico regista di “Easy Riders” - ovvero di un film che vale un’epoca cinematografica - che in SMB interpreta King Koopa aka Bowser? E John Leguizamo, che nello stesso anno passò da “Carlito’s Way” di De Palma all’interpretare un insulso Luigi? E vogliamo anche tirare in ballo il mitico, inimitabile, imperturbabile Bob Hoskins, che nella sua carriera ha perfino interpretato Papa Giovanni in una nota fiction per la Rai?
Insomma, gli elementi per la bocciatura irrevocabile ci sono tutti. Eppure, come succede quando le cose sono eccessivamente brutte per essere vere, è giusto ripensare a questo film con un po’ di cara, vecchia, nostalgia trash. E’ vero, il film non ha nulla a che vedere con il videogioco; è molto modesto persino da un punto di vista meramente ludico e, in fin dei conti, rimane nella memoria come una sorta di incubo delirante. Nonostante ciò, come accennato, non si può prescindere dall’avere almeno un poco di benevolenza verso una pellicola che, voglia Iddio, rimarrà l’unico tentativo di portare Mario Bros. sul grande schermo. Un film che, peraltro, incarna al tempo stesso il cattivo gusto e la scempiaggine ereditati dagli anni ’80. Insomma, siamo di fronte a un film che, come un libro di Bret Easton Ellis, ci induce a riflettere su quanto si possa diventare pacchiani e “pisciare fuori dal vaso”, come dicono a Livorno. Con l’unica differenza che, nel caso di “Super Mario Bros. The Movie”, questo messaggio emerge in maniera tragicamente involontaria.
Detto questo, passiamo a giustificare quella che può sembrare una scelta bizzarra o inconcepibile: ovvero, che l’inaugurazione della sezione sia affidata all’analisi di Super Mario Bros. The Movie. Ma come, direte voi, non si poteva davvero scegliere altro? Chessò, il cartone di Zelda, i fumetti dedicati a Kirby, il film “The Wizard” o meglio uno dei libri della collana “Ludologica”?
Certo che si poteva scegliere altro, dico io, ma come chiarisce anche il proverbio “via il dente, via il dolore” oppure “prima il dovere e poi il piacere” o anche “tanto va Sensei al lardo...” ehm, basta così.
Dicevo: togliamoci subito questo pensiero e ragioniamo subito di “SMB The Movie”, ovvero “un film un perché”. Partiamo dalla trama. Avete presente quella del videogioco? Benissimo. Per chi fosse a digiuno, comunque, un velocissimo ripassino: 1) Bowser rapisce la Principessa Peach, nel regno dei funghi 2) Mario si attiva per salvarla. Per fare ciò deve superare a suon di salti e zuccate diversi mondi. 3) Mario riesce nell’impresa e si becca un bacino dalla Principessa (ricordiamoci che il gioco, prima di essere pubblicato, riceve l’imprimatur dal Vaticano, quindi niente zozzerie finali).
Presa una trama simile, il quesito che ne consegue è indubbiamente amletico: come trarre da cotanta miseria del materiale narrativo bastante per una pellicola? Molto semplice, rispondono i due registi Morton e Jankel (è in forse la presenza di un terzo regista, il grande Joffe, autore di capolavori quali “Mission” e “Urla nel silenzio”, dedicati rispettivamente ai massacri coloniali in Sud America e a quelli di Pol Pot in Cambogia): basta infarcire quanto descritto in precedenza con una vagonata di clamorose sciocchezze (sul Nintendoclub niente parolacce) fantascientifiche. Ad esempio: i dinosauri non si sono estinti, ma si sono spostati in una dimensione alternativa creata dalla caduta dei meteoriti sulla Terra milioni di anni fa. O ancora: questi dinosauri si sono evoluti in maniera antropomorfa e vivono in una città a metà tra quella vista in “Brazil” di Terry Gilliam e “Blade Runner” di Ridley Scott, ma indubbiamente più brutta.
Snaturata di sana pianta la trama del videogioco, vi si inseriscono all’interno i disgraziati protagonisti, “arricchiti” con delle caratteristiche fantasmagoriche, causate ancora una volta dal contesto fantascientifico-abominevole nel quale è stato ambientato il film. Per esempio, Mario e Luigi (quest’ultimo senza baffi, senza alcun motivo) compiono i loro prodigiosi salti grazie a degli orribili, quanto pesanti, artificiosi ed incontrollabili scarponi di metallo; oppure i protagonisti ed i loro nemici fanno uso di armi “umane troppo umane” quali fucili, lanciafiamme o roba simile. E ancora: i Goomba sono degli armadi alti due metri in divisa militare stile Germania Est, Bowser è un umano dalla pettinatura inguardabile e via dicendo.
Oltre alla componente narrativa, come già accennato di striscio, risulta completamente “rimessa” (nel senso di “rivomitata”) anche la parte legata all’estetica di Super Mario. Abbiamo già accennato allo stravolgimento d’immagine dei personaggi e di alcuni luoghi, ma è in generale l’opera di contestualizzazione a prendere letteralmente a mazzate il mondo di Mario: si passa infatti da scenari cartoonosamente fantastici quali quelli del videogioco, ricchi di funghi, castelli più o meno grandi, pianure, case stregate, mondi acquatici, ecc. a un universo buio e metallico, in cui risplendono solo i neon e nel quale una qualsiasi traccia di graziosità pare essere stata sterminata.
A questo punto di descrizione, credo che la misura sia già colma per capire di che pasta sia fatto il film. La pellicola non ha praticamente niente a che vedere con un gioco che, al di là del successo commerciale, a tutto poteva adattarsi tranne che ad una simile conversione. Anche un bambino lo avrebbe capito: come si fa a tirar fuori un film fantascientifico da SMB? Sarebbe come ipotizzare un thriller basato su un fumetto della Pimpa, o una commedia con Boldi e De Sica sulla Strage di Piazza Fontana.
Ma non basta, oltre a disfare un classico del videogioco, questo film ha anche avuto il merito di infangare diverse carriere. Abbiamo già nominato il regista Joffe, associato al film secondo varie leggende metropolitane. Ma che dire di Dennis Hopper, lo storico regista di “Easy Riders” - ovvero di un film che vale un’epoca cinematografica - che in SMB interpreta King Koopa aka Bowser? E John Leguizamo, che nello stesso anno passò da “Carlito’s Way” di De Palma all’interpretare un insulso Luigi? E vogliamo anche tirare in ballo il mitico, inimitabile, imperturbabile Bob Hoskins, che nella sua carriera ha perfino interpretato Papa Giovanni in una nota fiction per la Rai?
Insomma, gli elementi per la bocciatura irrevocabile ci sono tutti. Eppure, come succede quando le cose sono eccessivamente brutte per essere vere, è giusto ripensare a questo film con un po’ di cara, vecchia, nostalgia trash. E’ vero, il film non ha nulla a che vedere con il videogioco; è molto modesto persino da un punto di vista meramente ludico e, in fin dei conti, rimane nella memoria come una sorta di incubo delirante. Nonostante ciò, come accennato, non si può prescindere dall’avere almeno un poco di benevolenza verso una pellicola che, voglia Iddio, rimarrà l’unico tentativo di portare Mario Bros. sul grande schermo. Un film che, peraltro, incarna al tempo stesso il cattivo gusto e la scempiaggine ereditati dagli anni ’80. Insomma, siamo di fronte a un film che, come un libro di Bret Easton Ellis, ci induce a riflettere su quanto si possa diventare pacchiani e “pisciare fuori dal vaso”, come dicono a Livorno. Con l’unica differenza che, nel caso di “Super Mario Bros. The Movie”, questo messaggio emerge in maniera tragicamente involontaria.
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0.0
Un film da vedere, anche solo per rabbrividire
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