Rareware dieci anni dopo
La Rare di oggi non è certo la Rareware di un tempo. Il nostro Banjo cerca di analizzare le ragioni dietro il declinio dello studio inglese.
In effetti sono più di dieci, però nel titolo sta meglio la cifra tonda.
Dunque, sono passati più di dieci anni da quel 24 settembre del 2002, quando Nintendo vendette a Microsoft la sua percentuale di proprietà delle azioni Rare. Insomma, perché avvenne è cosa nota: una Nintendo che aveva necessità di ripensare alcune cose dopo il successo molto parziale del Nintendo64 cedette una software house a sé vincolata perché ritenuta probabilmente dispendiosa ad una Microsoft appena entrata nel mondo dei videogiochi e quindi in piena espansione. Dello stato d’animo dei nintendari in quei giorni è inutile parlarne, come è abbastanza inutile parlare di cosa fu Rare prima di quella orribile cessione, perché è anch’essa cosa nota a tutti (la butto giù: GoldenEye, Banjo Kazooie, Conker’s Bad Fur Day, per citare giusto tre giochi della vecchia Rare), anche se sarà opportuno farlo poco.
Dopo questa tanto lunga quanto inutile premessa, passiamo al dunque. Cosa ne resta, dieci anni dopo di questa tanto gloriosa società? Dire che fa tutto schifo “perché il nuovo Banjo non ha stile e Viva Pinata fa schifooo!!11!!1!” è un giudizio superficiale, infondato e, soprattutto, eccessivamente di parte. Possiamo però notare come la funzione Rareware abbia preso un andamento decrescente dopo il massimo assoluto che fu Conker per N64, riuscendo a rialzarsi solo poche volte. Se confrontati gli anni 1994-2002 con gli anni 2002-2012, sicuramente il primo gruppo ha una densità di capolavori Rare molto maggiore rispetto al secondo. Negli otto anni trascorsi sotto Nintendo, lo studio britannico ha infatti partorito poco più di un capolavoro all’anno, in media. E per capolavoro intendo proprio gioco di grande pregio e fattura.
Possiamo provare a stilare una lista anno di uscita/gioco (considero solamente un gioco per anno):
-1994 – Donkey Kong Country
-1995 – Donkey Kong Country 2
-1996 – Donkey Kong Country 3
-1997 – GoldenEye
-1998 – Banjo Kazooie
-1999 – Donkey Kong 64
-2000 – Perfect Dark
-2001 – Conker’s Bad Fur Day
Il 2002 vide l’uscita dell’ultimo grande gioco su console casalinga Nintendo, StarFox Adventures. Che ho omesso dalla lista di proposito, perché non è un capolavoro al livello degli altri (parere della critica, non certo solo mio) e perché è un ottimo punto di partenza per esaminare questa trasformazione genetica di Rare.
Nato come Dinosaur Planet su Nintendo 64, praticamente pronto, trasmigrò su GameCube e cambiarono i personaggi: quelli della saga di StarFox. Con questo gioco, un adventure in pieno stile zeldiano, iniziò a vacillare la certezza della grandiosità di Rare. Ma non vi si prestò molta attenzione, a ragione, e probabilmente non ve ne era motivo di farci caso: sicuramente non era il primo passo falso di Rare (basti citare Killer Instinct Gold per Nintendo64) né il primo gioco non capolavoro (neanche Blast Corps lo era), ma, un po’ per via del momento, che non era sicuramente dei migliori (Rare passò a Microsoft poche settimane prima dell’uscita del gioco, che quindi entrò nel mercato in un momento funesto), un po’ per l’ingrato paragone che si faceva con Ocarina of Time, ci si limitò a dire che “si poteva fare di meglio”. Nessuno poteva pensare che lì, con la sua dipartita verso altri lidi, sarebbe iniziato un effettivo mutamento genetico della software house inglese.
Insieme alla software house, scomparirono dal GC e dal GameBoy Advance tanti titoli promessi, annunciati e presentati: Donkey Kong Racing, Perfect Dark Zero, Diddy Kong Pilot (che divenne Banjo Pilot dopo qualche anno), il curioso nuovo personaggio Kameo e i due seguiti attesissimi, vociferati e mai smentiti, ovvero Banjo Threeie e Conker’s Other Bad Fur Day.
Naturalmente, con la partenza verso Microsoft, Rareware non potette più lavorare su Donkey Kong, personaggio che nel lontano 1994 aveva contribuito a svecchiare, trasformandolo da quel vecchio scimmione peloso che tirava barili che era prima ad un gorilla decisamente carismatico (anche se la versione Rare della storia era che il vecchio Donkey Kong, il tirabarili, col tempo fosse diventato Cranky Kong, il vecchio rimbambito della tribù, mentre suo figlio Junior fosse cresciuto, diventando il DK noto). Dopo la dipartita di Rareware anche il personaggio di DK conoscerà un periodo di stallo, dal quale ne è definitivamente uscito solo nel 2010 con Donkey Kong Country Returns per Wii.
Pur non potendo lavorare su un gran personaggio come DK, tanti altri brand Rare si portava dietro, detenendone i diritti: Conker, Perfect Dark, Banjo Kazooie, Killer Instinct e il nuovo e promettente Kameo. La software house britannica, quindi, pareva andasse incontro ad una nuova età dell’oro dopo la rottura con Nintendo: il talento degli sviluppatori e i soldi di Guglielmo Cancelli avrebbero certamente dato vita ad una serie di capolavori. Invece non fu esattamente così. Possiamo provare a vedere perché.
Ci sono almeno tre motivi che, grossomodo, si possono indicare:
1) Come disse Yamauchi, l’ultimo presidente di Nintendo della stirpe dei fondatori, “il valore di Rareware è legato indissolubilmente a Nintendo”. Cioè, non c’è Rare senza Nintendo. Rare senza Nintendo è semplicemente altro, non è Rare. Non aveva tutti i torti.
2) Un secondo motivo potrebbe essere il rapporto ambiguo ed ambivalente con Microsoft, la quale non adottò una politica uniforme e, negli ultimi anni, sottomise completamente Rare alle logiche di mercato, in barba alla creatività degli sviluppatori.
3) Il motivo fondamentale è la vera e propria emorragia di sviluppatori che ha colpito la società negli anni successivi al passaggio a Microsoft.
Motivo uno
La supervisione di Miyamoto, o di Nintendo in generale che dir si voglia, è un valore aggiunto notevole. E’ notevole, soprattutto, come Nintendo si sia sempre posta verso Rare in maniera positiva, affidandogli compiti di grande responsabilità, anche quando non era completamente convinta del lavoro che stava svolgendo la software house inglese. Esempio lampante: Donkey Kong Country, in particolar modo il primo. Nintendo ebbe fegato a far lavorare uno studio secondario, europeo, che fondamentalmente non aveva mai creato prodotti universali e imperituri, ma solo “buoni giochi” prima di allora, su un personaggio come DK, il primo vero personaggio Nintendo. Rare colse la palla al balzo: rinnovò il personaggio, trasformandolo in un vecchio bacucco, mentre il figlio, il vecchio Jr. divenne il nuovo DK, cravattone rosso, quello che poi s’è visto in Mario Kart, Mario Party, Smash Bros. e co. Non solo, vi creò attorno un universo “parallelo” al Mushroom Kingdom di tutto rispetto, con tanto di tribù Kong e di arcinemici, i Kremling. I tre giochi della saga e il loro seguito spirituale e fattuale, DK64, ebbero tanto successo che anche oggi c’è gente (me prima di tutti) che vuole, pretende ed esige King K. Rool e Dixie Kong in Super Smash Bros. 4, ma su questo l’ultima parola è di Masahiro Sakurai.
La “DK Renaissance” per opera di Rareware avveniva sotto il diretto controllo di Nintendo e di Miyamoto, non troppo convinto del lavoro che la casa britannica stava facendo sul suo personaggio. Ma Kyoto prestò fede all’Inghilterra ed i risultati furono, e sono tuttora, sotto gli occhi di tutti. Non fu certo l’unica volta che Nintendo non fu troppo convinta dei lavori di Rare, basti pensare a Conker’s Bad Fur Day, gioco ultraviolento e politicamente scorretto, ben lontano dall’idea di gioco che voleva la casa di Kyoto per Conker. In questo caso, Nintendo arrivò quasi a fare “antipubblicità” al gioco, volendo che fosse pubblicizzato solo la notte (per intenderci, va…), ma comunque affidando a Conker il ruolo di canto del cigno della console a 64 bit, in previsione di un’epoca a 128 bit assolutamente radiosa; non fu così nei rapporti Rare-Nintendo, ma se ne è parlato alla nausea.
La strana vicenda di Conker non impedì comunque, altre volte in precedenza, a Nintendo di affidare a Rare lavori per un pubblico non infantile: basti pensare ai due Killer Instinct, a GoldenEye o a Perfect Dark. E’ proprio qui, nella sua capacità di coprire ogni tipo di genere per ogni tipo di pubblico, che stava una delle migliori caratteristiche di Rareware. Tutto ciò per dire cosa? E’ evidente come la collaborazione con Nintendo ebbe un valore formativo formidabile per Rareware. Banjo Kazooie, uno dei loro lavori riusciti meglio (io sono di parte, vabbè), fu realizzato interamente sotto la supervisione di Miyamoto, tanto da comparire, insieme al suo seguito Banjo Tooie, dieci anni dopo nella lista di videogiochi prodotti da Nintendo nella sua storia in Super Smash Bros. Brawl, mentre lo stesso anno faceva la sua comparsa su Xbox Live.
Motivo due
In verità, per il primo periodo dopo la fusione fra Rare e Microsoft, la software house britannica fu lasciata discretamente libera dalla casa di Redmond; se Microsoft decise di “orientare” maggiormente gli sviluppi di Rare fu per motivi economici ben precisi. Dicevamo, una Microsoft in piena espansione, appena entrata nel mondo dei videogiochi , volle comprare Rare per farle produrre giochi sulla prima Xbox. I risultati, in termini di vendite, di quei giochi furono abbastanza scadenti. Mi riferisco principalmente a Grabbed by the Ghoulies, uno dei primi prodotti Rare sulla console Microsoft che, per l’eccellente risultato di circa 140 mila copie vendute, suscitò l’ironia degli sviluppatori stessi in un loro stesso gioco, Banjo Kazooie Nuts&Bolts, qualche anno dopo. Sorte simile ebbe lo splendido Conker: Live & Reloaded, remake del gioco di Conker, che fu abbastanza sfortunato nelle vendite. Furono questi due i giochi che videro la luce nel periodo della prima Xbox, insieme a tanti progetti cancellati o spostati in avanti. Banjo Threeie diveniva sempre più lontano (allo stesso modo di Perfect Dark Zero), mentre Conker’s Other Bad Fur Day sembrava annullato, data l’uscita del remake del primo. Insomma, la pregevole fattura di Grabbed by the Ghoulies e lo splendido Conker non sembravano tanto convincere Microsoft, visti comunque i pessimi risultati in termini di vendite. Ma la casa di Redmond decise, comunque, di dare una seconda possibilità a Rare, sulla nuova console, la Xbox 360, che avrebbe così visto l’approdo di tanti giochi dei quali si parlava dai tempi del GameCube. Al lancio uscirono Kameo: Elements of Power, ottimo adventure, e Perfect Dark Zero, prequel del titolo per Nintendo64, entrambi giochi inizialmente pensati per GC, quindi passati con Rare all’Xbox, quindi ancora scivolati verso la nuova console. Anche in questo caso, il successo commerciale non fu esaltante e, se Kameo fu un gioco di un certo livello, ma non assolutamente un capolavoro, Perfect Dark Zero risultò ben lontano dal livello mirabile raggiunto dall’episodio uscito su console Nintendo. Ma Rare ci riprova, facendo uscire, circa due anni dopo, i due giochi migliori da lei creati da quando è avvenuto il passaggio: Viva Pinata e Banjo Kazooie: Nuts&Bolts. Entrambi giochi di ottima fattura, probabilmente gli unici due veramente ai livelli della vecchia Rare. Per il primo venne messo in moto un macchinario pubblicitario veramente gigantesco, fatto di gadget, merchandising di ogni genere e persino da una serie di cartoni animati; il secondo mirava a fare il botto per via del ritorno di quello che probabilmente era, ed è tuttora, il nome più grosso della Rare. Un equivoco che sta alla base di entrambi questi titoli però ne decretò il sostanziale insuccesso commerciale: prodotti elaborati e decisamente complicati nel loro svolgersi, dalle meccaniche di gioco tanto elaborate quando di difficile approccio immediato, caratterizzati però da una grafica cartoonesca e da uno stile “per bambini” in evidente contraddizione con il gameplay piuttosto macchinoso (vale per entrambi i giochi), il tutto su una console, l’Xbox360, che viene recepita dal grande pubblico (che è ciò che ci interessa per fare una valutazione economica) come una console “adulta”. Quest’equivoco di fondo decretò il sostanziale insuccesso (soprattutto in confronto alle aspettative) delle due produzioni Rare; e non risollevò molto la situazione l’uscita di un secondo Viva Pinata (Trouble in paradise) che ereditò pregi e difetti dal primo episodio, essendone praticamente un'espansione. Non entro nell’ulteriore merito della mia critica personalissima a Banjo Kazooie per 360 perché è una critica, appunto, personalissima e non utile ai fini dell’articolo. Dopo aver collezionato una serie di insuccessi non eclatanti, ma neanche previsti, Microsoft si dovette rompere le scatole abbastanza, e trasformò Rareware in una subordinata completa, affidandole lavori solo su Kinect. Della casa inglese sono, infatti, i due Kinect Sports, in assoluto i giochi più venduti da Rare da quando è avvenuto il passaggio. Ciò ha però portato alla definitiva mutazione di Rare in qualcosa che produce solo roba casualissima, ben lontana dagli splendori del triennio ’98-2000. Almeno stando alla situazione attuale.
Motivo tre
Ciò che caratterizza uno studio, prima ancora che i marchi di sua proprietà o cos’altro, sono le persone che vi lavorano che, assieme, fanno una squadra. Come avrebbe detto Aristotele, “il tutto è maggiore della somma delle parti”, giusto per giustificare il suo approccio sistemico col mondo. E’ vero che, dunque, Rare negli anni ’90 era formata da una serie di tasselli che, insieme, concorrevano a comporre la ben nota società. Molti di questi grossi nomi, o per dissidenza verso i vertici, o per insofferenza verso la nuova situazione, o per la ricerca di nuove avventure, o per qualche jigsaw mancante, o per qualche altro motivo che non ci è dato sapere (tranquilli, le ultime tre righe sono banali speculazioni) abbandonarono lo studio. Ci fu una vera e propria emorragia: alcuni tornarono con Nintendo, nei Retro Studios (noto per la rinascita di Metroid e per il ritorno di DK), Chris Seavor, l’ideatore di Conker, abbandonò la società tempo dopo, stessa sorte ci fu per Chris e Tim Stamper, i due storici fondatori, per non parlare di Grant Kirkhope, compositore delle colonne sonore di Banjo Kazooie, Banjo Tooie, DK64, Conker’s Bad Fur Day, e David Wise, compositore delle colonne sonore della trilogia DKC, Diddy Kong Racing e StarFox Adventures. Tutti nomi grossi che, in un modo o nell’altro, avevano contribuito a rendere la Rare grande com’era stata nei ’90. Il caso di David Wise: ancora oggi si parla della colonna sonora della trilogia DKC come qualcosa di più unico che raro, con effetti ed una capacità di coesione con l’ambiente di gioco che era cosa difficile da trovare in quegli anni.
Si è provato a schematizzare, con esiti abbastanza disastrosi, ciò che avvenne dopo quel settembre del 2002. Ma è veramente chiusa questa società? Probabilmente no. La nuova generazione è alle porte, e Microsoft avrà sicuramente qualche lavoro in serbo per Rare. Bisognerà poi capire che lavoro.
Commenti
Re:Rareware dieci anni dopo
Zanzegu 01/02/2013 alle 18:18
Ma essendo sempre stati così legati a Nintendo, è logico che lontano da essa (e dal suo mercato) collezionino un flop dietro l' altro. Che tristezza :(
Re:Rareware dieci anni dopo
Ing.MarioBros 01/02/2013 alle 18:05
Re:Rareware dieci anni dopo
Banjo 01/02/2013 alle 17:47
Re:Rareware dieci anni dopo
Ing.MarioBros 01/02/2013 alle 17:38
Re:Rareware dieci anni dopo
Felian 31/01/2013 alle 21:16
in qualità di "addetto ai lavori", seppure io non abbia dati certi, posso aggiungere che sono al corrente del fatto che la rareware stia attualmente aumentando il suo organico... e credo anche di parecchio!
ho sentito anche trapelare qualche notizia sul fatto che stiano iniziando un grosso progetto... e una delle varie indiscrezioni farebbe il nome di killer instinct 3 (questa volta parrebbe per davvero)
staremo a vedere e ancora complimenti per l'interessantissimo articolo!
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